Capua: senza ambiti per raccolta, recupero e smaltimento non si risolve il problema dei rifiuti

E’ bastato che il circolo del PD proponesse di valutare l’opportunità di ospitare sul nostro territorio uno degli impianti per il riuso dei rifiuti, previsti dal Piano dell’Ente di ambito della provincia di Caserta, perché si aprisse immediatamente una polemica. Purtroppo c’è chi è sempre pronto a dire no senza neppure sapere di cosa si sta parlando. Proviamo allora a fare chiarezza. Al momento la situazione del servizio di raccolta a Capua è pessimo ed estremamente caro. Le ragioni sono note: la scelta sbagliata di costruire un ambito di gestione troppo piccolo con Grazzanise e Santa Maria la Fossa; assunzioni clientelari che hanno caricato l’azienda di un numero di addetti al servizio di gran lunga superiore al necessario; la pessima gestione da parte della Falzarano che non a caso si trova in amministrazione controllata; la mancanza sul territorio di impianti di recupero.   Sul primo punto è chiaro che solo un ambito adeguato – dal punto di vista del rapporto tra popolazione e territorio servito – consente di realizzare economie di scala. Sul secondo non credo ci sia bisogno di spendere parole per capire che l’eccesso di personale è la prima ragione del costo esorbitante che grava sui cittadini di Capua. Sul terzo è chiaro che è difficile arrivare a interrompere un contratto pieno di clausole e mandare a casa una azienda in una fase pre – fallimentare perché è alto il rischio di compiere atti che incidano sui tentativi della amministrazione controllata con conseguenze facilmente immaginabili per rischi a carico delle casse comunali e la responsabilità patrimoniale dei membri della giunta e del consiglio. Inoltre scegliere un nuova società cui si dovrebbero trasferire tutti gli attuali dipendenti della Falzarano per servire lo stesso ambito non cambierebbe di molto la situazione. In riferimento all’ultimo punto è clamoroso il caso della frazione organica il cui recupero ci costa più di altre regioni perché la mancanza di impianti di compostaggio sul territorio regionale impongono la ricerca di soluzioni fuori regione, che ci vengono offerte, ovviamente, a caro prezzo. Dovrebbe essere noto che l’amministrazione ha già deciso di far parte di un nuovo ambito per la raccolta che raggiunge circa 100 mila abitanti. In base alla legge che regola la materia quando il nuovo ambito porterà a termine l’appalto per affidare il servizio di raccolta, i contratti in essere nei comuni che ne fanno parte decadranno. Il personale attualmente in servizio sarà trasferito alla nuova società di gestione che potrà spalmarlo sul territorio secondo criteri di efficienza nella organizzazione del lavoro. Perché il nuovo ambito di raccolta possa partire con la gara è necessario che l’ambito provinciale definisca il piano industriale relativo alla realizzazione degli impianti di recupero. Non stiamo parlando di termovalorizzazione, perché per questo servizio l’ambito è regionale ed è già in funzione il termovalorizzatore di Acerra – che in ogni caso non è certo un mostro ma un impianto che trasforma i rifiuti in energia inquinando meno di un qualsiasi impianto industriale. Quindi ci sono tre diversi ambiti ottimali: uno per la raccolta, di dimensione sovracomunale (100 mila abitanti circa), uno per il trattamento, il recupero e la parte che deve necessariamente andare in discarica (900.000 abitanti circa), uno per la termovalorizzazione (intera regione). La scelta dell’ambito per la raccolta è stata già fatta ed è nota. Ora si sta discutendo del piano provinciale relativo ai soli impianti di recupero e alla discarica. L’EDA provinciale ha inviato ai comuni la proposta di piano invitandoli a pronunciarsi. Vediamo in cosa consiste questo piano. Cominciamo dagli obiettivi che sono questi: per la frazione organica e verde passare dal 28,1% al 32,5%; per gli imballaggi dal 20,1 al 22,7%; beni durevoli dal 3,9 al 7%; altri rifiuti a recupero dal 2,5 al 7,5%; rifiuti a smaltimento dal 45,4% al 30,3%. Quindi, ricapitolando, solo se si realizzano questi impianti sarà possibile abbattere i costi e ridurre in modo significativo la frazione destinata allo smaltimento, riducendo anche l’inquinamento. Quali impianti sono previsti dal piano d’ambito per la provincia di Caserta? Eccoli: 53 centri comunali di raccolta (dagli attuali 32); 22 stazioni di compostaggio locali; 12 centri servizi/stazioni di trasferenza; 4 impianti di compostaggio finanziati dalla Regione Campania per 130000 tonnellate annue; 1 impianto di selezione imballaggi da 30000/40000 tonnellate annue complessive; 1 impianto di trattamento rifiuti ingombranti da 20000 tonnellate annue complessive; 1 impianto di trattamento terre da spazzamento da 10000 – 15000 tonnellate; 1 impianto di trattamento assorbenti per la persona da 10000 tonnellate; 1 discarica di servizio da 50000 tonnellate annue. Ovviamente gran parte di questi impianti prevede un ristoro per il comune ospitante. Ora non capisco perché Capua non dovrebbe farsi avanti per ospitarne uno, eccezion fatta per la discarica – per ragioni ovvie che attengono alle caratteristiche del nostro territorio. Mi sembra giusto, ovviamente, che su questa questione si apra un dibattito ampio tra maggioranza, opposizione e cittadini. Ma per favore basta con i signor no a prescindere e basta con il parlare a vanvera. Ci si informi prima e poi si entri nel merito. Se poi qualcuno crede che si possa risolvere il problema dei rifiuti prescindendo da un piano serio e moderno – e facendo a meno degli impianti – deve sapere che sta dicendo di voler continuare a vivere tra i rifiuti, pagando un costo elevato sia in termini ambientali e di salute sia in termini economici. A me sembra assurdo. Ma sappiamo che purtroppo in mezzo a noi non mancano i tafazzisti.

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