Se il movimento che rappresenta in parlamento il partito di maggioranza relativa – e che nelle elezioni politiche di meno di due anni fa aveva raccolto il 34% dei voti – porta a Roma meno di 5000 persone a sostegno della battaglia simbolo contro la cosiddetta casta – e cioè contro il suo nemico numero uno – allora davvero si è trattato di un grande flop, destinato a diventare l’emblema di una crisi profonda dalla quale si può uscire solo cambiando radicalmente linea politica e gruppi dirigenti. Dopo due anni circa di partecipazione ai governi con propri ministri è ormai evidente a tutti (tranne agli eterni arrabbiati privi di qualsiasi corretta informazione) il carattere strumentale delle battaglie demagogiche che hanno consentito ai 5 stelle di raccogliere gli scontenti di ogni colore. Di queste battaglie nessuna più di quella contro i vitalizi ha avuto ed ha il carattere della truffa. Truffa nel vero senso della parole e cioè di reato ai danni della cultura politica del Paese, eseguito mediante raggiri allo scopo di trarne profitto politico. I vitalizi, infatti, sono stati aboliti con una legge del 2011 che aveva come primo firmatario Enrico Letta. Parliamo del tempo del governo Monti. In pratica dall’anno successivo all’approvazione del regolamento per il trattamento previdenziale di deputati e senatori (il 2012) nessun parlamentare può andare in pensione con le regole del vecchio vitalizio ma solo mediante il calcolo contributivo e solo al compimento dei 65 anni, se hanno versato i contributi per una sola intera legislatura. In un paese normale se qualcuno indice una manifestazione per abolire i vitalizi, che in realtà sono stati già aboliti da anni, o viene etichettato come un pazzo oppure come un truffatore politico. In realtà nel 2018 l’ufficio di presidenza della Camera, e successivamente quello del Senato, non ha abolito i vitalizi ma ha approvato un “ricalcolo retroattivo ai vitalizi degli ex deputati”. E non a caso non lo hanno fatto proponendo un disegno di legge. In questo caso, infatti, gli ex deputati avrebbero potuto fare ricorso alla Corte Costituzionale perché si tratta di una decisione palesemente incostituzionale. Non è mai accaduto, infatti, che una legge in materia previdenziale abbia avuto un effetto retroattivo andando a modificare i trattamenti in essere. L’ufficio di presidenza ha agito in “autodichia” e cioè attraverso quella potestà di autogiurisdizione che può essere esercitata dagli organi costituzionali dello Stato per risolvere controversie fra essi medesimi e il personale dipendente. In questo caso il parlamentare o il dipendente può fare ricorso ad una sorta di tribunale interno. Ora l’unico effetto che questa decisione interna, voluta soprattutto dai 5 stelle, ha avuto è stato quello di tagliare i vitalizi dei parlamentari più anziani o con poche legislature, perché molti dei parlamentari che avevano alle spalle numerose legislature – e tra queste quelle più recenti (a maggiore indennità corrispondono maggiori contributi versati) – con il ricalcolo contributivo avrebbero avuto diritto ad un vitalizio più alto, tant’è che le delibera delle due presidenze – contraddicendo il principio del ricalcolo contributivo – hanno stabilito che in questo caso l’aumento non può essere riconosciuto ma resta il godimento del vitalizio in essere. Molti ex parlamentari hanno fatto ricorso e ora è arrivato il momento del pronunciamento definitivo su questi ricorsi. La questione, dunque, non è più politica ma giuridica, anche se la controversia va valutata da un organismo giurisdizionale interno al parlamento (sempre in base al principio di autodichia). Alla luce di tutto ciò è evidente che la manifestazione dei 5 stelle, sul piano pratico, assume solo il significato di una pressione volta a condizionare la decisione di carattere giuridico che deve assumere questo organismo. Insomma la battaglia dei 5 stelle contro i vitalizi è stato solo un grande bluff. Credo che molti lo hanno compreso e questo spiega il flop della manifestazione. Ciò che però è utile politicamente capire è perché, un movimento che oggi è forza di governo – anziché agire contro la casta di cui di fatto fanno parte (ha colpito tanti vedere che alla manifestazione c’era chi arrivava con le – un tempo – odiate auto blu) tagliando stipendi e privilegi, questi si davvero odiosi e tutt’ora vigenti – decide di indire una manifestazione di piazza. E qui entra in campo la crisi di consenso che – come hanno dimostrato diverse tornate elettorali regionali e come gli stessi sondaggi segnalano – è davvero drammatica. Di questo passo andrà bene se alle prossime elezioni il movimento arriverà al 10%. Grillo lo ha capito e vuole trasformare i 5 stelle in una forza di governo alleata del centrosinistra, magari puntando su un nuovo personale politico da costruire intorno all’attuale presidente del Consiglio. La vecchia guardia non vuole, perché in gran parte incapace di compiere questo salto, e crede di poter riprendere le vecchie e comode battaglie demagogiche pur rimanendo al governo. In questo tentativo si distingue Di Maio che pensa di poter occupare uno spazio centrale e determinare gli equilibri politici, secondo la vecchia logica dei due forni di andreottiana memoria. Tuttavia non si può essere partito della protesta demagogica e partito di governo. Il flop della manifestazione dovrebbe pur insegnare qualcosa. Non puoi arrivare ad una manifestazione contro la casta con l’auto blu, stando al governo senza muovere un dito per abolire i privilegi di cui stai godendo e ai quali non hai intenzione di rinunciare. E’ tempo della politica vera che non può prescindere dalle scelte di campo. I concetti di Destra e Sinistra hanno sempre avuto un grande senso e hanno davanti un grande futuro. E’ il qualunquismo a non poter durare oltre lo spazio di un mattino, come la parabola dei 5 stelle dimostra.

Sabato 15 febbraio, c’è stata la manifestazione sui vitalizi, siccome non è stata inviata una scheda aggiornata sui vitalizi (l’ultima è del 6 febbraio), vi mando qualche spunto su iter alla Camera:
⁃ la delibera è stata approvata a luglio 2018: si stabilisce che è prerogativa della Camera disciplinare in materia di trattamenti previdenziali di ex parlamentari attraverso deliberazioni adottate nell’esercizio dell’autonimia normativa attribuita dalla Costituzione (art.64).
⁃ Non esiste una legge che stabilisca termini e criteri dei vitalizi. Da qui necessità di una delibera che ha di fatto eliminato un privilegio ricalcolando i vitalizi con il sistema contributivo. La legge Richetti aggiungeva sistema contributivo ad una legge del 1965 che però parlava solo di indennità del parlamentare (https://www.senato.it/1054). Noi siamo passati da una delibera dato che in passato si è sempre trattato dell’argomento attraverso regolamenti approvati in ufficio di presidenza (Regolamento della previdenza per i deputati approvato dall’Ufficio di Presidenza il 30 ottobre 1968, e successive modificazioni; Regolamento per gli assegni vitalizi degli onorevoli deputati approvato dall’Ufficio di Presidenza il 12 aprile 1994; Regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati approvato dall’Ufficio di Presidenza il 30 luglio 1997, nel testo modificato dalle deliberazioni dell’Ufficio di Presidenza n. 300 del 5 aprile 2001 e n. 73 del 23 luglio 2007)
⁃ Un esempio di quanto ha percepito un ex parlamentare nel corso degli anni: periodo contributivo: 15 anni. Anni: 72 (al 2018). Decorrenza vitalizio: dicembre 1990 (45 anni). Assegno lordo: 6590€ al mese. Totale spesa per le casse pubbliche (dal ‘90 ad oggi al netto di cambio lira euro inflazione etc): 2 milioni e 300 mila €
⁃ Il vitalizio NON è un trattamento pensionistico ma una rendita, o una prestazione economica che dura per tutta la vita. E’ quindi perfettamente legittimo ricalcolare il vitalizio su quanto l’ex parlamentare ha effettivamente versato.
Nota di colore: durante la discussione tutti i membri dell’ufficio di presidenza hanno ricevuto una lettera di diffida da parte dell’associazione degli ex parlamentari a votare la delibera in ufficio di presidenza adducendo una “responsabilità penale e personale” in base al voto espresso in UDP.
⁃ in generale io non parlo di aver eliminato i vitalizi ma di aver eliminato un privilegio assurdo che permetteva ad un parlamentare di lavorare poco e percepire troppo dopo pochissimo tempo. Un’ingiustizia e uno schiaffo a chi lavora per 40 anni e arriva a stento a fine del mese.
Luigi Gallo
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Se volete eliminare privilegi assurdi avete la possibilità di legiferare per tagliare stipendi agli attuali parlamentar e soprattutto le troppe prebende, queste si assurde. Se non lo fate e andate alle manifestazioni per l’abolizione dei vitalizi (questo era il tema della manifestazione) con le auto blu questa si chiama truffa politica e “schiaffo a chi lavora arrivando a stento a fine mese”. O chiamala se vuoi incoerenza da facce di bronzo.
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Eccellente!!!
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