Diverse novità, intervenute nel primo trimestre di quest’anno, hanno attenuato le preoccupazioni di una possibile recessione che avevano segnato gran parte del 2018, non a caso il peggior anno per le borse internazionali degli ultimi dieci. Giova ricordare tutte le motivazioni alla base di quelle preoccupazioni. Motivazioni legate non solo alla costatazione che siamo nella fase matura del lungo ciclo espansivo cominciato nel 2008 ma anche al clima di incertezza determinato lo scorso anno sia dalla guerra dei dazi inaugurata da Trump, proprio in coincidenza con un nuovo rallentamento dell’economia cinese, sia dai timori di tenuta dell’Unione Europea – alimentati dal protrarsi della Brexit, dall’esito delle elezioni italiane e dalla crescente forza dei movimenti populisti in tutto il continente alla vigilia del voto per il rinnovo del parlamento europeo -, sia dalla fine delle politiche monetarie espansive da parte delle principali banche centrali. La prima novità che ha riportato fiducia sui mercati è venuta ancora una volta dalle banche centrali che, in presenza di un rallentamento della crescita globale causato proprio da quel clima di incertezza, hanno prontamente mostrato decisa determinazione nel mantenere un atteggiamento accomodante. La reazione delle borse internazionali è stata immediata con il recupero in pochi mesi di gran parte dei forti ribassi intervenuti l’anno scorso. Nelle ultime settimane, inoltre, alle notizie positive giunte dal fronte della trattativa in corso tra USA e Cina su scambi commerciali e proprietà intellettuali, si sono sommati chiari segnali di miglioramento dell’economia cinese (in particolare l’indice sulla produzione industriale) – confermati anche dalle recenti revisioni delle stime di crescita per il 2019 da parte del Fondo Monetario Internazionale – e un ottimo dato sull’occupazione negli USA. Risultati che stanno già avendo un effetto moderatamente positivo sul resto del mondo. Rimangono tuttavia le incertezze sul fronte europeo, nonostante la prudenza confermata dalla BCE con i recenti annunci di Draghi e gli ultimi dati sulla produzione industriale, ritornata su valori positivi grazie alla stabilizzazione dell’economia cinese. Il problema dell’eurozona non riguarda solo la persistente indeterminatezza della Brexit e l’ondata populista, resa per altro meno preoccupante dall’esito del voto in Finlandia e dai sondaggi che escludono grandi sconvolgimenti politici nelle elezioni del prossimo Maggio. Molto sta pesando la minaccia di Trump di imporre dazi su 11 miliardi di importazioni dall’Europa, come risposta alle sovvenzioni statali per Airbus. Insomma dopo questi primi mesi del 2019 è possibile guardare agli investimenti con meno apprensione senza però abbassare la guardia e senza abbandonare il necessario approccio selettivo e prudente sui mercati finanziari.
