Valutare le aspettative per comprendere ciò che accade

Certo non possiamo meravigliarci se l’andamento delle borse internazionali appare incomprensibile ai più. Dopo un 2018 segnato da ribassi che non si vedevano dal 2008, nonostante la robusta crescita del PIL globale e l’ottimo andamento degli utili delle imprese, ecco che il primo mese e mezzo del 2019 segna un +10% sull’indice azionario mondiale. Sono forse usciti dati che smentiscono le preoccupazioni sul futuro che lo scorso anno avevano fatto passare in secondo piano l’apprezzamento dell’andamento dell’economia reale? Tutt’altro. Le ultime rilevazioni ammoniscono che il temuto rallentamento dell’economia globale è in atto: meno forte negli USA, più accentuato in Cina e soprattutto in una Europa, con l’Italia in recessione tecnica e la Germania che è riuscita a scansarla solo per un pelo. L’indice che misura l’incertezza politica è sui livelli più alti di sempre. Come potrebbe essere altrimenti se ancora non è chiara quale piega prenderà la guerra dei dazi in atto tra USA e Cina? Se la prospettiva dell’Unione Europea diventa sempre più fragile, per l’avvicinarsi della scadenza della Brexit (mentre la speranza di un accordo su una uscita soft si indebolisce), per il precipitare della crisi spagnola – che si somma alla crisi politica italiana e all’esplosione della violenta protesta dei gilet gialli in Francia, alla vigilia del voto per il parlamento europeo? Bisogna allora concludere che è solo la bizzarria a determinare il comportamento dei mercati?  In realtà non è difficile comprenderne la logica se si considerano due parole chiave: le aspettative e la speculazione. Le aspettative sono l’elemento decisivo per l’andamento dell’economia moderna, e ancor più per le borse. Prendiamo in considerazione ciò che è accaduto in Italia. Molti si chiedono se sia possibile che il paese è andato in recessione tecnica a causa delle incertezze legate al nuovo corso politico iniziato solo da sette mesi. A ben vedere la differenza tra il rallentamento in atto nel continente e il crollo italiano si spiega proprio così. Se ci sono incertezze sul futuro dell’economia globale gli investimenti si fermano e si fermano in maniera più decisa lì dove alle preoccupazioni globali si sommano le fragilità locali. E’ quello che ha fatto abbassare le previsioni sul PIL dell’Europa. Se gli investitori che operano in Italia si convincono che è arrivato un governo le cui politiche possono far saltare la tenuta del debito pubblico finiscono per tirare il freno in modo ancora più forte. L’aumento dello spread, le decine e decine di miliardi esteri che hanno lasciato in questi mesi l’Italia, il rallentamento degli investimenti delle imprese e delle famiglie hanno determinato quella differenza in negativo con ciò che accade nel continente che ci colloca all’ultimo posto nelle previsioni per il 2019. E’ normale che sia così. Gli investimenti, soprattutto quelli che richiedono la mobilitazione di molti capitali, hanno bisogno di fiducia nel futuro. Meno fiducia c’è, più forte è la frenata. Ecco allora perchè –  a fronte di una crescita reale del PIL globale nel 2018 tra le più alte degli ultimi 10 anni – le incertezze legate ai rischi di una guerra commerciale tra le due superpotenze e i pericoli di una disgregazione dell’eurozona – in una fase che vede le grandi banche centrali impegnate a rientrare da un lungo periodo di tassi bassi e di elevata creazione di liquidità – hanno indotto gli operatori a portare a casa i guadagni realizzati tra il 2016 ed il 2017 e ad aumentare la liquidità nei portafogli. Una classica situazione nella quale entra in scena anche la speculazione che, accentuando le tendenze e alimentando la paura, punta a lucrarci su. Questo spiega il brusco calo degli indici delle borse azionarie nel 2018. Ma come spiegare la robusta inversione di tendenza di questo inizio del 2019? Con il fatto che le aspettative si fondano non solo sugli indicatori economici ma anche sui segnali politici. E segnali importanti nelle ultime settimane sono arrivati. Il primo dalle Banche Centrali che di fronte ad un rallentamento, risultato superiore alle attese, hanno nuovamente addolcito la politica monetaria. La FED ha interrotto la serie di rialzi dei tassi che aveva programmato in precedenza, mentre la BCE ha annunciato l’intenzione di tornare ad aumentare la liquidità disponibile per il sistema bancario. L”altro segnale è venuto dal fronte delle trattative tra USA e Cina. Ed è un segnale di maggiore disponibilità da entrambe le parti. Segnale reso ancor più convincente dai recenti dati sull’andamento delle esportazioni che segnalano come vi sia una tenuta delle esportazioni della Cina. Queste, infatti, se soffrono sul fronte degli Stati Uniti, a causa dei dazi già decisi da Trump, registrano un aumento sia in Asia che in Europa. Negli USA, invece, gli utili aziendali, dopo aver beneficiato del tagli delle tasse operato da Trump l’anno scorso, mostrano segnali di rallentamento, dimostrando che i dazi non fanno male solo alla Cina. Tutto ciò certamente alimenta il buon senso al tavolo della trattativa in corso. Dunque se consideriamo che, anche per effetto della speculazione, la caduta del 2018 è stata davvero eccessiva, allora è facile spiegarsi il perché di questo recupero. Ovviamente le incertezze permangono soprattutto in relazione alla situazione europea che sarà sempre di più al centro dell’attenzione man mano che si avvicinano le elezioni di maggio. Un buon motivo per non abbandonare un approccio selettivo e prudente sui mercati finanziari, senza mai dimenticare che l’errore più pericoloso è quello di investire con una ottica di breve periodo. La volatilità continuerà a dominare i mercati e il modo migliore per evitare di farne le spese è la massima personalizzazione dei portafogli nel rispetto rigoroso della struttura di orizzonti temporali di ciascun risparmiatore e di ogni famiglia.

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