Dietro front del governo ma restano i guasti e si aggravano i problemi

Dopo mesi di irragionevoli scontri con l’UE il governo italiano ha preso atto delle “letterine” e ha rivisto i “numerini”. Infatti oggi ritorna in un parlamento – esautorato mai come questa volta delle sue prerogative, proprio da chi dall’opposizione aveva sempre gridato all’attentato alla democrazia ad ogni ricorso alla fiducia da parte dei governi – non solo per ridurre il deficit di bilancio dal 2.4 al 2.04 ma anche per rivedere le stime di crescita palesemente false su cui avevano basato, sovrastimandole, le previsioni delle entrate dello Stato. Il taglio della spesa per oltre il 10 miliardi che ne deriva ha, tra l’altro, solo momentaneamente sospeso la decisione sull’avvio della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, rinviata alla verifica del rispetto degli impegni che Conte e Tria sono stati costretti a mettere nero su bianco. Una figuraccia che potevano evitare, dal momento che fin dall’inizio era evidente come quella manovra economica non poteva reggere il giudizio dell’ Europa e soprattutto dei mercati. Lo aveva detto anche il ministro Tria purtroppo mortificato dai due bulletti incompetenti che erano certi di poter piegare l’ Europa e convincere i mercati, grazie alle loro alleanze internazionali e al forte consenso del Paese. Invece proprio quelli che loro avevano indicato come i sicuri alleati, con i quali avrebbero rivoltato l Europa come un calzino, sono stati i primi a scaricarli e a chiedere il massimo rigore, fino alla richiesta di inasprire le regole per gli interventi comunitari verso i paesi membri in caso di dissesto finanziario, con il chiaro fine di limitare il contagio di un eventuale defolt dell’Italia. Ma a deludere le loro aspettative è stato anche il Paese come hanno dimostrato le difficoltà delle ultime aste dei titoli di stato e i numerosi sondaggi sui giudizi degli italiani rispetto alla manovra economica del governo. E oggi ad uscire con le ossa rotte da questa vicenda sono proprio i due vice premier, costretti a smentirsi in modo clamoroso per l’ennesima volta. Purtroppo a pagare è, come sempre, l’Italia. I guasti prodotti in questi mesi di follie, infatti, rimangono. L’innalzamento dello spread è già costato un miliardo di maggiori interessi sul debito, ha indebolito i patrimoni delle banche e la disponibilità di credito per imprese e famiglie, ha contribuito a raffreddare le scelte degli operatori economici che si basano soprattutto sulle aspettative. Un danno già misurabile nel blocco della crescita registrato nell’ultimo trimestre, nei rischi di recessione rilevati nel trimestre in corso dagli indici anticipatori del ciclo economico. Non è un caso se, di fronte al rallentamento generale della crescita in atto in Europa e nel Mondo, l’Italia è l’unico Paese a rischio recessione. Ora dovrebbe essere chiaro a tutti che le promesse elettorali non sono minimamente sostenibili, neppure nella dimensione irrilevante che i bugiardi seriali hanno tentato di propagandare in questi mesi. Rimane un Paese allo sbando che deve affrontare una complicazione preoccupante del quadro globale – caratterizzato dai rischi legati alla guerra commerciale tra USA e Cina, agli sviluppi della Brexit, alla tenuta dell’ Eurozona – senza una politica economica minimamente credibile e con un governo di dilettanti allo sbaraglio disposto a tutto pur di rimanere in sella. Disposto, come è ormai evidente, anche ad alimentare una guerra tra la parte più povera della società e il ceto medio. Una guerra tra poveri destinata a lasciare intatti i privilegi e i patrimoni delle grandi concentrazioni economiche e finanziarie e il livello inaudito delle diseguaglianze che ne deriva. Il contrario del cambiamento e della giustizia sociale di cui parlano a vanvera. Insomma i guasti prodotti dal governo in pochi mesi sono tanti e non solo sul piano economico. A dimostrazione che nulla può fare più danno dello scadere nella scelta del tanto peggio tanto meglio.

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