Il libro di Gianni Cerchia – “La memoria tradita – La Seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno d’Italia” Edizioni dell’Orso, Alessandria 2017 – rappresenta l’opera più completa e dettagliata sulla Seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno d’Italia ed in particolare sugli episodi di rivolta, di disobbedienza e, in alcuni casi, di vera e propria resistenza che costellarono l’avanzata alleata dalla Sicilia verso il Volturno e la Linea Gustav. La ricerca di Gianni Cerchia – preceduta da tre capitoli che possiamo definire tra brevi saggi su Mezzogiorno e l’idea di nazione, sul rapporto tra Mezzogiorno fascismo e guerra, e sul ventennio nel Mezzogiorno – riprende, sviluppa e completa il lavoro di ricerca svolto da Giuseppe Capobianco, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, sui tragici eventi che interessarono gli attuali comuni della provincia di Caserta (allora ancora smembrata tra cinque diverse province a causa della sua soppressione da parte di Mussolini nel gennaio del 1927) dopo l’8 settembre del ’43. Un lavoro quello di Capobianco che sfociò in diverse pubblicazioni dai meriti indiscutibili. Quelle pubblicazioni,infatti, contribuirono al processo che portò nel 1994, 51 anni dopo la strage, alla condanna all’ergastolo dei responsabili dell’eccidio di Monte Carmignano a Caiazzo di 23 persone (se consideriamo anche il bimbo non nato ammazzato dai tedeschi nel grembo della madre); accesero un faro sul contributo di sangue pagato dalla nostra provincia alla liberazione dell’Italia – con i suoi 7000 caduti (considerando i caduti sul suo territorio, i casertani caduti sui vari fronti di guerra e i casertani morti dopo la guerra per cause ad essa conseguenti) e gli 887 trucidati ; aprirono una polemica con quanti avevano minimizzato e sottovalutato gli eventi meridionali e affermato l’idea di un Sud che aveva subito passivamente l’occupazione nazista. Una polemica con cui Capobianco non risparmiò critiche a quei settori della sua stessa parte politica che, per un pregiudizio nei confronti del Mezzogiorno, contribuirono, sia pure involontariamente, a far passare quell’azione di rimozione della memoria di quegli eventi che le classi dirigenti del Sud attuarono volutamente per coprire le proprie complicità con il fascismo e per preservare quell’assetto di potere fondato sul latifondo che era sopravvissuto alla repubblica partenopea del 1799, all’Unità d’Italia, ai governi della destra e della sinistra storica dell’età liberale, e poi al fascismo. L’opera di Gianni Cerchia rilancia quella polemica, ne valorizza le ragioni fino a creare i presupposti perché possa essere chiusa con il riconoscimento non solo del prezzo pagato dal Sud alla liberazione dell’Italia ma anche del contributo meridionale alla sconfitta del nazifascismo. La sua, infatti, è una ricerca condotta con il rigore di un docente di storia contemporanea, che si è avvalso della consultazione di una quantità impressionante di archivi, sia italiani che esteri, pubblicata in una collana i cui volumi passano al vaglio di un autorevole Comitato Scientifico che ne attesta la validità storica. Cosa emerge dal questo lavoro? 1- non è vero che il Sud sia stato poco coinvolto dai drammi del conflitto mondiale; 2- le 4 giornate di Napoli, che resta l’unica grande città italiana liberatasi prima dell’arrivo degli alleati, non sono state un episodio isolato ma solo il più significativo di una ribellione diffusa, di una resistenza che ha avuto il carattere reso possibile dai tempi relativamente rapidi della sua liberazione; 3- la debolezza della memoria di quelle vicende è la conseguenza di un opera perseguita con pervicacia e dettata da precisi e molteplici interessi politici e sociali. Insomma la resistenza del Sud non poteva non avere caratteristiche diverse da quella del Centro Nord che subì più a lungo (circa un anno e mezzo in più del Sud) l’occupazione tedesca. In quella parte d’Italia i partigiani ebbero più tempo per prepararsi e organizzare un’azione coordinata. Infatti una guerra partigiana di massa si sviluppò solo dopo lo sciopero generale dell’8 Marzo del 1944, considerato il più grande nell’Europa occupata dai tedeschi. Il libro di Gianni Cerchia, grazie anche all’apertura di nuovi carteggi avvenuta negli ultimi anni, aggiunge nuovi elementi a quelli già noti, offre una più completa chiave di lettura degli avvenimenti dei mesi dell’occupazione tedesca nel Sud e ci fa sentire con più convinzione il dovere di ricordare e di coltivare la memoria di quegli eventi. Un dovere della nostra generazione che non ha conosciuto la guerra ma che è figlia di chi la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, traendo dalle sofferenze immani che essa provocò la forza morale necessaria per rialzare le macerie e regalarci il più lungo periodo di pace e di progresso che l’Europa abbia mai conosciuto. Lo dobbiamo a quella generazione ma anche ai giovani e alle generazioni che verranno, alle quali stiamo lasciamo in eredità la più grave crisi economica, finanziaria, ambientale, politica, morale e istituzionale che la storia ricordi. Quella memoria che Cerchia contribuisce a recuperare, così ricca di valori e di insegnamenti, sarà utile soprattutto a loro.
