Joe Lansdal, uno dei più noti scrittori americani, ci parla su Repubblica di oggi della portata devastante dell’uragano Harvey che sta colpendo il Texas, lo Stato in cui vive. Scrive Lansdal che le regioni orientali del Texas ed il Golfo del Messico sono abituati ad affrontare simili devastazioni, ma Harvey si sta rivelando come il peggior uragano di sempre e sta perciò avendo effetti di portata addirittura “biblica”, soprattutto nella quarta città degli Stati Uniti, Huston. Il suo racconto mi fa pensare a quali effetti avrebbe un fenomeno di portata simile in territori che non sono affatto abituati e attrezzati per difendersi. Una problema che dobbiamo porci dal momento che i cambiamenti climatici stanno provocando anche in Europa eventi meteorologici sempre più estremi. Si calcola che dal 1980 ad oggi essi hanno già prodotto danni per 400 miliardi. Lo stiamo vedendo in Italia con le ondate di calore e la siccità gravissima di questi mesi, cui certamente seguiranno tempeste di portata inusuale, di cui qualche assaggio lo abbiamo già avuto nel corso di questa estate. Nelle pagine che ospitano il racconto di Lansdal un riquadro annuncia la visita di Trump nelle zone colpite e questo mi ricorda che la prima potenza mondiale, che è anche il primo responsabile – insieme alla Cina -dell’immissione in atmosfera di CO2, è oggi governata da un presidente che nega il legame tra il nostro modello energetico e di consumo e i cambiamenti climatici in atto, nonostante più del 90% degli scienziati dica il contrario. Trump ne è talmente convinto, o è talmente condizionato da certi interessi, da aver cancellato le riforme di Obama che avevano limitato l’uso del carbone. Inoltre ha messo in discussione gli stessi recenti accordi di Parigi, con i quali la comunità internazionale tenta di porre riparo ad un fenomeno molto vicino a toccare il punto di non ritorno. Insomma la vicenda dell’uragano Harvey mi ricorda la portata reale della crisi epocale che stiamo vivendo. Essa è molto più grave di quella di inzio del secolo scorso, con la quale viene spesso paragonata. È la prima volta infatti che ad una crisi economica e finanziaria di portata globale si somma una crisi ecologica che mette in discussione il rapporto tra uomo e ambiente ormai vicino ad un punto di rottura. Due crisi che si alimentano l’un l’altra. La natura finanziaria della crisi economica e l’esigenza di ripagare una massa monetaria crescente -necessaria per puntellare il sistema, e sempre più concentrata in poche mani – alimenta un modello di consumi di cui è figlia la crisi ecologica, mentre gli effetti di quest’ultima si riflettono sempre più su bilanci pubblici devastati dalla crisi economica. A queste due crisi si aggiunge poi quella dello Stato Nazione e dell’ordine internazionale che ci privano del soggetto pubblico, portatore dell’interesse collettivo, che dovrebbe fronteggiare e risolvere le altre due crisi. Purtroppo constatare che a fronteggiare Harvey c’è l’amministrazione Trump ci dà la misura di quanto siano nefaste le conseguenze delle tre crisi che ho ricordato sulle tendenze sociali e politiche del nostro tempo. Speriamo che quel che sta avvenendo nel Texas sia un monito e un motivo di riflessione per tutti.
