Populismo e mercati destini incrociati

Il 2019 si apre nel segno delle medesime incognite politiche che hanno condizionato i mercati finanziari lungo tutto il corso del 2018. A febbraio dello scorso anno si è interrotta quella marcia trionfale delle borse internazionali cominciata nell’autunno del 2016. Una corsa alimentata da una crescita dell’economia globale che aveva ritrovato forza e sincronia tra tutte le più grandi aree economiche del mondo. Il 2018 sarà ricordato come il peggiore degli ultimi 9 anni in termini di volatilità e di caduta dei listini azionari, nonostante abbia segnato, insieme al 2017, una delle migliori performance del PIL globale dopo i troppi anni di lento recupero seguiti alla grande recessione. La frenata dei mercati è stata tale da indurre il sospetto che il 2019 possa essere l’anno di un ritorno alla recessione dopo quasi 10 anni di espansione, sia pure contenuta, anche se non vi sono evidenze in tal senso nei dati economici. Come spiegare questa contraddizione? Una cosa è certa: dopo anni nei quali i mercati si sono fatti guidare soprattutto dalla generosa politica monetaria delle banche centrali e dai fondamentali dell’economia, ora tornano a scrutare le mosse della politica per troppo tempo considerata quasi ininfluente rispetto alla forza e al ruolo conseguiti dalle grandi concentrazioni economiche e finanziarie. E’ certamente questa una conseguenza dell’ondata populista, avviata con il successo del referendum sulla Brexit e l’elezione di Trump, seguiti dalla crescita dei movimenti populisti in Europa che ha raggiunto il suo apice con la formazione del governo giallonero in Italia. Una ondata prodotta dalle difficoltà economiche seguite alla grande crisi del 2008, dal malessere accumulato dai ceti medi nei confronti della globalizzazione, individuata come la causa del loro progressivo impoverimento. L’incapacità delle vecchie élite politiche di affrontare le cause della crisi – attraverso una riforma e una democratizzazione di una globalizzazione neoliberista sregolata che ha prodotto una crescita abnorme delle diseguaglianze sociali in Occidente – ha lasciato campo libero alla demagogia delle forze populiste che hanno avuto facile gioco nel convincere l’opinione pubblica sulla possibilità di dare risposte semplici ai problemi complessi che la angosciano. Risposte incentrate su politiche protezionistiche e sulla riproposizione delle vecchie sovranità nazionali. Nella fase iniziale i mercati hanno sottovalutato la portata di questa svolta politica e hanno continuato a guardare i fondamentali dell’economia in netto miglioramento dopo dieci anni di espansione monetaria. Poi i nodi sono venuti al pettine con il palesarsi degli effetti delle prime scelte di governo dei populisti: l’incubo della Brexit, dal quale gli inglesi non sanno più come uscire; la guerra dei dazi iniziata da Trump che rischia di trasformarsi in una guerra commerciale tra le due superpotenze, potenzialmente in grado di contrarre drasticamente il commercio internazionale e di innescare una nuova pesante recessione; la politica di bilancio del nuovo governo dell’Italia che rischia di provocare una nuova crisi del debito sovrano in Europa e lo sgretolamento dell’Eurozona. Tutto questo determina incertezza con il conseguente ritorno dell’avversione al rischio sui mercati finanziari e il rinvio delle scelte di investimento da parte degli operatori economici. Il rallentamento della crescita registrato negli ultimi mesi è figlio di tutto questo. Insomma il populismo ha già mostrato non solo di non essere la ricetta giusta per curare le cause della crisi ma di rappresentare un serio pericolo di ricaduta dell’economia. Non passerà molto tempo prima che all’allarme dei mercati si aggiunga la delusione di chi si è fatto incantare dalle sirene nazionaliste. Già si scorgono i primi segnali di incrinatura nel rapporto tra cittadini e forze populiste. Bisogna ora capire come queste forze decideranno di reagire al rischio di loro rapido logoramento. Innescheranno la retromarcia, pagandone comunque delle conseguenze sul piano del consenso, oppure alzeranno la posta provocando uno sconquasso dalle proporzioni non facilmente misurabili? Le strade dei mercati si sono incrociate con quelle del populismo la cui crisi è solo nella sua fase iniziale ma può evolvere con rapidità segnando anche il destino dei mercati finanziari nel corso di questo 2019.

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