Dopo l’intervista rilasciata da Matteo Renzi negli studi televisivi di Fazio la domanda non è più se si voterà presto ma quando e come. Forse si arriverà ad ottobre, al massimo ad inizio 2019. Con quale governo lo deciderà Mattarella. Molto probabilmente con il governo di un presidente super partes che non riceverà la fiducia del parlamento e rimarrà in carica per gestire l’ordinaria amministrazione fino alle nuove elezioni, che si svolgeranno, a questo punto, con l’attuale abominevole sistema elettorale. L’unica domanda che ha ancora senso porsi è se saranno solo gli attuali schieramenti politici a giocare la nuova partita elettorale o, come è auspicabile, ci sarà anche qualcosa di nuovo. La fase preliminare di questa legislatura, che si chiude prima ancora di partire, dimostra come il quadro politico sia palesemente marcio ed assolutamente incapace di garantire una governabilità minimamente accettabile all’Italia. Essa ha acclarato che il centrodestra è ormai saldamente nelle mani della lega. Una forza schierata a difesa degli interessi della parte più ricca del Paese che non esiterebbe, pur di approvare una riforma fiscale a propria misura, a spingere l’Italia fuori dall’Europa, unica speranza di riuscire ad evitare un destino di marginalizzazione e di definitiva decadenza. I cinque stelle sono prigionieri di un consenso raccolto in modo trasversale che li condanna a negare le differenze tra politiche di destra e politiche di sinistra. Una sorta di indeterminatezza programmatica unita alla inconsistenza manifesta della sua classe dirigente. Il centrosinistra è sempre più frammentato, con Renzi che ormai ha liquidato quel che resta del partito democratico. Perché questo è il senso vero dell’intervista a Fazio. Egli infatti non si è limitato ad esprimere tutto il suo scetticismo sulla possibilità di un governo PD/5 stelle. Cosa, intendiamoci, legittima, che avrebbe potuto tranquillamente esprimere nella direzione del 3 maggio ricercando una piattaforma largamente condivisa con la quale andare ad un confronto che è doveroso – non fosse altro che per rendere chiaro al presidente della Repubblica e agli italiani su cosa si consuma l’ultima possibilità di dare un governo alla nazione. No Renzi è andato oltre affermando esplicitamente che lui controlla la gran parte dei gruppi parlamentari del PD e che mai consentirà la nascita di quel tipo di governo. Insomma, dopo aver conseguito una sconfitta dietro l’altra, dopo aver portato il partito al minimo storico e dopo aver detto che sarebbe stato zitto per due anni, ha svuotato gli organismi del partito. Qui comando solo io: questo il senso del suo discorso. A questo punto il PD ha una sola possibilità di continuare ad esistere come partito: mettere in minoranza Renzi. Cosa per la verità molto improbabile. Vedremo il 3 maggio. Quel che però è certo è che la fase delicata che il mondo attraversa non consente all’Italia di dipendere da leader capricciosi ed inadeguati e da schieramenti che non hanno un minimo di soggettività politica. Con la prima potenza mondiale che sta facendo saltare le regole che hanno governato l’economia globale e si rifiuta di riscriverle con gli altri ma intende cambiare tutto sulla base di accordi bilaterali, a suo esclusivo uso e consumo, il rischio che la guerra dei dazi diventi una guerra commerciale è dietro l’angolo. E non ci vuole molto ad immaginare quali conseguenza amare pagherebbe in questo caso l’Italia con la sua bassa produttività, il debito pubblico alle stelle, il ruolo decisivo dell’economia fondata sulle esportazioni. Bisogna agire e agire bene. Andare al voto con queste squadre e questi giocatori è qualcosa che non possiamo permetterci. Non risolverebbe nessun problema. Serve costruire con urgenza qualcosa di nuovo e di credibile. Una destra e una sinistra normali, con la testa saldamente nel nuovo secolo nel quale siamo. E’ questione di sopravvivenza. Ma dire da dove si può cominciare allo stato è davvero arduo.