Tra pochi giorni si chiuderà la peggiore campagna elettorale della storia della Repubblica. Proposte palesemente insostenibili, candidati paracadutati dall’alto, colpi bassi e invettive al posto dei confronti di merito, ritorno della più cieca violenza, hanno reso evidente a tutti il livello drammatico della crisi della politica italiana. Le coalizioni che si contendono la guida del Paese sono nate male perché fondate su calcoli elettorali e non su programmi di legislatura. E’ un dato molto evidente per la coalizione di centrodestra, con i due maggiori partiti, lega e forza Italia, che hanno detto cose opposte su tutte le questioni più rilevanti per la futura azione di governo. Ma è un elemento vero anche per il centrosinistra che ha preferito dividersi, e portare alle estreme conseguenze la resa dei conti interna ai suoi gruppi dirigenti, piuttosto che sforzarsi di ritrovare le ragioni dell’unità e tentare di fare argine all’ingovernabilità dell’Italia, se non al prevalere di nazionalismi e populismi, in un momento delicatissimo per la prospettiva dell’integrazione politica dell’Europa, unica via di salvezza per noi, piccolo paese in un mondo di giganti. Quanto al movimento cinque stelle quel presupposto è nella sua stessa natura. Esso è cresciuto grazie a un impasto di demagogia e ambiguità programmatica finalizzato a raccogliere rabbia e scontenti di ogni colore. Ed ora qualsiasi tentativo di costruirsi un minimo di credibilità come forza di governo è destinato ad infrangersi sull’assenza di cultura politica e di classe dirigente, conseguenza dell’illusione di poter rispondere alla crisi della politica alimentando l’antipolitica, che altro non poteva produrre se non ciò che abbiamo riscontrato lì dove hanno assunto responsabilità di gestione e cioè il massimo di incapacità politica nella totale omologazione a tutti gli altri sul piano della moralità. In questo quadro si comprendono la disaffezione e la voglia di disertare le urne che avvertiamo crescere intorno a noi. Tuttavia è difficile non riconoscere che se le forze più avvedute decidessero di astenersi il loro potrebbe rivelarsi un errore fatale. Siamo nel pieno di sconvolgimenti planetari di grande intensità. Come sempre accade nei momenti di svolta, di fronte alla difficoltà di adattarsi ai cambiamenti e di provare a governarli, diventa forte la tentazione di chiudersi, di cercare risposte semplici che non solo sono illusorie ma finiscono per produrre tragedie immani. Il rischio di un nuovo fascismo è reale perché nasce da qui e tutti possono vederlo se per fascismo non intendiamo il ritorno ai saluti romani e alle camicie nere ma questa reazione irrazionale ed istintiva a ritrarsi che si ripropone di fronte a ogni passaggio epocale. Di ciò ormai non abbiamo solo segnali evidenti ma dimostrazioni clamorose ed allarmanti in Europa e ancor più negli USA. Ecco allora che nell’impossibilità di poter votare per scegliere il governo di cui c’è bisogno, possiamo e dobbiamo farlo almeno per limitare i danni. Andare a votare per non lasciare spazi a populismi e nazionalismi di diversa natura che potrebbero saldarsi nel prossimo parlamento spingendo l’Italia fuori dall’Europa, con ricadute disastrose da cui sarebbe difficile risollevarsi. E’ questa la ragione che mi porterà a votare il 4 marzo sforzandomi di individuare, nei collegi di camera e senato, nel campo di questo centrosinistra pur inadeguato e diviso, quei candidati di sicura convinzione europeista che ritengo possano rivelarsi utili a ricostruire una prospettiva nuova. Perché dopo il 4 marzo il problema di far uscire l’Italia dal pantano rimane e dovrà avere una risposta.