Chissà cosa direbbe oggi il compianto Paolo Ianni di fronte al modo in cui l’Occidente sta affrontando la guerra in Ucraina. Ianni, che è stato Diplomatico di carriera di prim’ordine e poi professore della Catholic University of America, sull’Occidente plurale scrisse un libro molto interessante nel 2008 (l’Occidente plurale – Gli Stati Uniti e l’Europa nel XXI secolo – Rubettino Editore). La sua tesi era questa: con la fine del mondo bipolare sono venute allo scoperto le vecchie differenze tra le società delle due sponde dell’Atlantico, che erano state pressoché rimosse durante la lunga guerra fredda e ora America e Europa affrontano con ottiche diverse le incognite del XXI secolo (l’emergenza dell’area asiatica del Pacifico, gli sviluppi in Russia ancora a un bivio, la situazione del continente africano, la difficile modernizzazione del mondo arabo, il terrorismo globale e la proliferazione nucleare). Guardando oggi a quel che avviene in Ucraina bisogna concludere che l’Occidente ha smesso di nuovo di essere plurale perché sta reagendo con un approccio unico che tuttavia non è il frutto di una sintesi tra impostazioni diverse ma dell’assenza di ogni Pensiero. Assenza della politica. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che Putin fosse un dittatore. Ora abbiamo la certezza che è anche un criminale. La guerra si sa è sempre brutta. Non esistono bombe intelligenti e quando si decide di mettere in moto i carri armati si finisce per colpire tutto: dalle basi militari, alle infrastrutture, alle città, dai militari ai civili, vecchi, giovani, uomini, donne e bambini. La guerra è sempre atroce, provoca distruzione, sofferenze indicibili e morte. Per questo non bisogna farla accadere. Le responsabilità di Putin sono chiare e nette, la condanna deve essere ferma e bisogna sostenere l’Ucraina senza se e senza ma. Tuttavia dobbiamo anche chiederci: l’Occidente ha fatto tutto ciò che doveva per evitare che si arrivasse a tanto? E, soprattutto, sta facendo tutto ciò che bisogna fare non solo per sostenere materialmente il popolo Ucraino ma per far si che la guerra finisca al più presto? Sulla prima domanda ho già scritto. La guerra interna all’Ucraina e le tensioni con la Russia sono in atto dal 2014 e non mi pare ci sia stata una iniziativa adeguata per evitare che si arrivasse a questo punto. E più in generale dalla caduta del muro di Berlino l’Occidente non è riuscito a definire una strategia adeguata alla fase nuova per costruire un nuovo sistema di sicurezza globale. Anzi dall’Iraq all’Afghanistan alla Libia l’unilateralismo americano, al quale l’Europa non ha saputo opporre nulla perché non ha mai parlato in politica estera con una voce sola, ha prodotto solo disastri, perché da lì hanno preso forza il terrorismo islamico, il caos mediorientale nel quale Russia prima e ora anche la Turchia hanno trovato il loro spazio per rilanciare la loro politica di potenza. Ed anche rispetto alle mire ingiustificate e inaccettabili di Putin sull’Europa non si capisce a cosa sia servita l’espansione ad est della Nato se non a fornire pretesti alla politica imperiale della Russia. Ma anche ora che siamo di fronte ad una tragedia quotidiana immane e a rischi terribili di escalation, fino alla minaccia nucleare, cosa fa per far tacere le armi? Vanno bene le sanzioni alla Russia ma se l’unica strategia in campo è quella di provocare la rimozione di Putin bisogna dire che più di una strategia politica questo è solo un azzardo. E se Putin resiste? Salutare la decisione unitaria di inviare le armi agli ucraini come la svolta dell’Europa è sconcertante. In assenza di una iniziativa diplomatica adeguata per mettere fine alla guerra limitarsi ad armare gli ucraini può solo alzare il livello dello scontro, con gli effetti drammatici sulla popolazione civile che stiamo gia vedendo, atteso che la Russia ha uno degli eserciti più potenti del mondo e una potenza di fuoco di gran lunga maggiore di quella che fin qui ha messo in campo in Ucraina. Non c è dubbio sull’esigenza di un sostegno materiale totale al popolo Ucraino ma accanto a questo è essenziale una azione diplomatica adeguata. Ma per quella serve la politica, serve un Pensiero. Come si pensa di governare il mondo di oggi? Venuta meno l’idea del mercato come unico regolatore delle controversie internazionali si torna alla strategia di una nuova guerra fredda tra impero del bene ( che poi sempre del bene non è affatto) e impero del male? A me hanno insegnato che nell’era atomica la guerra non è una opzione. Va sempre evitata attraverso il dialogo, il confronto, la mediazione, la cooperazione internazionale. Cooperazione tra tutti. Qual’è il ruolo che può avere l’ONU per fermare questa guerra e per costruire un nuovo ordine? Come coinvolgere la Cina, che è la seconda potenza economica e militare mondiale nella ricerca di un cessate il fuoco immediato? Perché non si discute e non si coinvolge la Cina? Può esistere una cooperazione internazionale senza il coinvolgimento di tutte le grandi potenze? La cosa che mi fa più paura è l’assenza di un pensiero. A questo Occidente unito ma senza una strategia adeguata, preferisco quello plurale perché è dal confronto tra opinioni, culture ed esigenze diverse che nasce la strategia giusta. Il problema è dunque l’assenza di una classe dirigente e di una politica che in Occidente permane a distanza di decenni dall’89. È un bene che oggi negli USA non ci sia più Trump, che ha contribuito non poco a complicare il quadro internazionale. Ma Biden non ha ancora messo in campo una vera alternativa. E quanto all’Europa, il suo nanismo politico si supera con ben altro che l’unità ritrovata sull’invio degli armamenti. Insomma, serve la politica perché quando questa fallisce rimane solo la guerra. E quando non si è in grado di fermare la guerra il rischio che prevalga la tentazione di usare tutte le armi a disposizione è sempre dietro l’angolo.
