Draghi regge se nasce una nuova maggioranza

La prima concreta conseguenza del voto per il Quirinale riguarda la maggioranza di governo. La decisione dei Ministri della lega di non votare il nuovo decreto sulla gestione della pandemia – manifestando un dissenso sulle norme relative a Dad e quarantene a scuola – segnala l’intento di Salvini di uscire dall’ambiguità che ha caratterizzato fin qui la sua partecipazione alla maggioranza parlamentare di unità nazionale. Magari non chiederà ai suoi ministri di dimettersi subito ma nei fatti lavora per logorare il governo e cogliere l’occasione favorevole per rompere. Il suo sostegno a Draghi – sia pure sempre accompagnato da polemiche e distinguo – ha portato la lega a subire una clamorosa emorragia di voti verso Fratelli d’Italia. Alle elezioni europee del 2019 la lega aveva raggiunto il 34 per cento dei voti, diventando il primo partito d’Italia, mentre Fratelli d’Italia si era fermata al 6,44. Gli ultimi sondaggi fotografano una realtà radicalmente diversa:  Fratelli d’Italia è sopra il 20 per cento e la lega si ferma al 17, una percentuale al di sotto del risultato delle politiche del 2018. La vera novità politica prodotta dal voto per il Quirinale è questa nuova posizione della lega non la crisi del centrodestra che era già conclamata da tempo. La debacle nelle trattative sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica, più che determinare la crisi delle coalizioni politiche tradizionali già acclarata, ha accelerato la fase di rimescolamento delle carte e di riconfigurazione del sistema politico che era già cominciata con la nascita del governo Draghi. Infatti, la sconfitta clamorosa conosciuta dal centrodestra non è solo la conseguenza del dilettantismo politico che connota gran parte dei gruppi dirigenti degli attuali partiti ma soprattutto l’effetto di una contraddizione politica di fondo tra le ragioni scritte nell’atto di nascita della coalizione – ragioni sostanzialmente di pura convenienza elettorale – e la divaricazione che da tempo si è determinata sul piano politico al suo interno rispetto alla vera natura dello scontro in atto in Italia ed in Europa che impone di stare necessariamente o dalla parte dell’Europa politica o dalla parte del nazionalismo populista. Vie di mezzo non sono praticabili. E la lega è l’unico partito che ha al suo interno un anima che vuole giocare in Europa e un altra che condivide con la peggiore destra europea la prospettiva nazionalista da porre al di sopra di quella comunitaria. Vedremo come Salvini gestirà questo distacco dalla maggioranza di governo e quali contraccolpi determinerà nel partito la scelta di una identità netta.La stessa decisione di Draghi di non voler accettare mediazioni al ribasso impone comunque anche all’anima governativa della lega di non rinviare la scelta tra seguire la via di Salvini, che vuole tornare all’opposizione, o spaccare il partito e rimanere al governo. La vicinanza della scadenza elettorale rende particolarmente complicata la seconda ipotesi. Molto conterà ovviamente la linea politica che assumerà Forza Italia. Una linea certamente intrecciata con il destino della riforma elettorale per la quale si annuncia un percorso tutt’altro che semplice e scontato. Di certo ora il governo sa che  deve andare avanti senza i voti della lega sui provvedimenti più significativi e che, per arrivare alla fine della legislatura serve una maggioranza diversa,  più ristretta dell’attuale, ma con una cornice politica netta. Berlusconi è il primo a dover fare i conti con il problema. Per ora ha mostrato freddezza sulla proposta avanzata da Salvini di un nuovo partito di centrodestra. Ha però sottolineato l’esigenza di rafforzare l’area di centro di quella stessa coalizione che fin qui ha dimostrato di non avere una prospettiva politica univoca. È una posizione debole e contraddittoria perché il peso delle posizioni nazionaliste è preponderante nell’attuale struttura del centrodestra e ciò rende impossibile un rafforzamento dell’anima moderata ed europeista. Una contraddizione che nasce dal fatto che senza una nuova legge elettorale fondata sul sistema proporzionale, o, in alternativa, senza l’adesione ad una nuova possibile coalizione politica alternativa alla destra nazionalista, Forza Italia rischia di perdere altri pezzi dei gruppi parlamentari, tentati dal seguire Salvini o Meloni in vista di un passaggio elettorale che, anticipato o a scadenza naturale che sia, è in ogni caso troppo vicino per non rappresentare un elemento di forte condizionamento del quadro politico. Non è perciò scontato che il governo Draghi possa arrivare al termine della legislatura. Una nuova maggioranza di governo senza la lega può reggere solo se riesce a ritrovarsi dentro una comune chiara cornice di evoluzione del quadro politico italiano. Diventa perciò decisiva l’iniziativa del PD e la sua capacità di mettere in campo un progetto politico di ampio respiro in grado di offrire un terreno comune a tutte le forze europeiste ben oltre il tempo che rimane a questa legislatura.

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