E’ impazzito il clima o siamo pazzi noi?

Negli ultimi giorni diverse notizie hanno riproposto con forza il tema dei cambiamenti climatici. Negli USA, dal Dakota all’Ohio, si soffre a causa di temperature bassissime: -40 gradi che a causa del vento in alcune regioni del Minnesota possono arrivare anche a -65 gradi percepiti – peggio che al Polo Nord – con il rischio di congelamento in pochi minuti. Ha fatto impressione la notizia di un uomo morto assiderato sull’uscio della sua casa perché non riusciva a trovare le chiavi. Nello stesso momento una ondata eccezionale di calore ha causato in Australia la morte di milioni di animali: pesci, pipistrelli, cavalli, cammelli. Ormai gran parte degli studiosi ritengono che abbiamo solo 12 anni per fermare scenari apocalittici. Ma c’è anche chi sostiene che è troppo tardi per frenare gli effetti del riscaldamento globale dopo che Nasa e Agenzia Spaziale tedesca hanno certificato che in Groenlandia i ghiacciai si stanno sciogliendo quattro volte più velocemente del previsto, con il rischio di un innalzamento dei mari a livello globale in tempi più rapidi.  Impressiona constatare come rispetto ad una accelerazione evidente dei cambiamenti climatici, a livello politico ed istituzionale si registrano gravissimi passi indietro. E’ il caso degli USA, la prima potenza mondiale principale responsabile dell’emissione di gas serra nell’atmosfera. Il suo presidente, dopo aver rilanciato la produzione di carbone e dopo aver esplicitamente messo in discussione gli accordi di Parigi, di fronte alla eccezionale ondata di gelo che ha colpito il suo Paese in questi giorni, ha rilasciato una dichiarazione davvero infelice che la dice lunga sul suo orientamento: “Cosa diavolo sta succedendo con il riscaldamento globale? Per favore torna presto ne abbiamo bisogno”. Quasi come se non fosse noto che l’evidenza del riscaldamento globale sta proprio nell’alternarsi di eventi estremi di opposto segno. In questo quadro è difficile capire perché molti organi di stampa continuino a parlare di clima impazzito. Il clima non può impazzire ma cambia per effetto delle nostre azioni, di un modello energetico incentrato sulle fonti fossili e di un modello di sviluppo fondato su un ruolo sproporzionato della finanza, nelle cui esclusive mani è stato consegnato un potere illimitato di stampa della moneta. Ciò ha prodotto una esplosione di attivi finanziari alla costante ricerca di un ritorno economico che hanno messo in secondo piano le esigenze dell’economia, della redistribuzione della ricchezza e della piena occupazione e della sostenibilità ambientale dello sviluppo. Dunque è l’uomo che ha perso il senno divorato da una insaziabile sete di possesso. Non possiamo infatti addebitare ciò che sta accadendo alla sola responsabilità delle classi dirigenti (che in Occidente godono in ogni caso di un consenso popolare). Come si può giustificare il livello assolutamente inadeguato di mobilitazione intorno a questi temi? Per l’ambiente non si notano gilet gialli nelle strade. Non a caso ha fatto molto parlare l’azione di Greta, la ragazza ecologista di 16 anni, che ha manifestato da sola ogni settimana davanti al parlamento svedese e rivolta ai grandi del mondo a Davos ha esclamato “Non voglio che speriate, vi voglio vedere nel panico, voglio che sentiate quello che sento io tutti i giorni“. Una denuncia forte ma anche emblematica della disperazione di chi avverte lo scarto enorme che si registra tra il punto di gravità cui siamo giunti e la mancanza di reazione delle istituzioni e dell’opinione pubblica. Bisogna prendere atto che non c’è stata a livello politico e sociale una riflessione profonda sulle cause della più grande crisi dai tempi della seconda guerra mondiale che all’inizio di questo secolo ha colpito il mondo. Non è solo una crisi economica. E’ una crisi di sistema. Una crisi politica, finanziaria, economica ed ambientale nata dalla rottura dell’equilibrio tra Stato e mercato raggiunto nel dopoguerra. Oggi sono le grandi concentrazioni economiche e finanziarie a determinare sul piano globale le scelte che scaricano sui territori problemi enormi che la politica, ancora chiusa nei vecchi stati nazione, non è in condizione di affrontare. Serve un nuovo ordine internazionale ma il malessere prodotto dalla crisi sta spingendo in direzione opposta. Con queste premesse un esito drammatico del cammino umano è tutt’altro che improbabile.

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