Possiamo tirare un sospiro di sollievo. Macron ha vinto il secondo turno ed è stato riconfermato alla guida della Francia. l’Europa del Recovery Plan è salva. La prospettiva di far proseguire la forte spinta che la pandemia ha impresso al processo di integrazione europea rimane aperta. Ora abbiamo maggiori certezze sulla possibilità di cambiare le regole del patto di stabilità e di arrivare ad una politica estera comune. Tuttavia constatare che di fronte all’altezza della posta in gioco ha votato meno del 30 per cento dei francesi – nonostante la serietà del pericolo di un rigurgito nazionalista in uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, mentre nel cuore del continente è tornata la guerra con tutto il suo portato di orrore e di sofferenze – la dice lunga su quanto siano ancora fragili il quadro politico europeo e il sistema democratico. Il messaggio del voto francese è chiaro e forte: le forze europeiste non possono e non devono rinunciare a collaborare e a rimanere unite per garantire maggioranze di governo forti sia nelle istituzioni comunitarie che nelle singole nazioni. L’alleanza tra le forze consapevoli che serve una nuova Europa in grado di agire come potenza globale, per tenere testa alle moderne drammatiche sfide di dimensione mondiale che abbiamo davanti, è necessaria ed è prioritaria rispetto alla tradizionale dialettica tra centrodestra e centrosinistra. Si tratta di salvare la democrazia rappresentativa e di contribuire a costruire un nuovo ordine internazionale, senza il quale la pace nel mondo è in discussione, con tutti i rischi che nell’era atomica ne derivano per la salvaguardia stessa del genere umano e del pianeta. Bisogna perciò sapere che l’alleanza larga che regge oggi il parlamento Europeo dovrà vivere in ciascuno dei Paesi fondamentali dell’Unione. Infatti, se l’ondata nazionalista riuscisse a sfondare in uno solo di questi Paesi cadrebbe d’un colpo il processo positivo finalmente avviato dalla svolta del Recovery Plan. La Francia ha retto questo delicato passaggio politico anche grazie al sistema elettorale a doppio turno ma nel 2023 toccherà a noi tenere botta ed è evidente che solo una coalizione larga – in grado di isolare Fratelli d’Italia e la parte nazionalista della lega – potrà evitare che la crisi politica italiana faccia precipitare noi e con noi il fragile cammino avviato verso la ripresa del processo di integrazione politica dell’Europa. In Italia il centrodestra a trazione europeista non esiste più mentre sul piano politico c è chi lavora per riproporre sul piano elettorale la vecchia coalizione di centrodestra che è di fatto saldante nelle mani dei nazionalisti. Il nuovo centrosinistra è ancora troppo fragile per garantire da solo che il futuro parlamento sia in condizione di eleggere un governo in grado di tenere l’Italia dentro il processo di costruzione dell’Europa. L’alleanza tra le forze consapevoli che nessun Paese si salva da solo ha la stessa importanza e la stessa funzione che l’alleanza antifascista ebbe per evitare il prevalere della risposta autoritaria alla grande crisi dell’inizio del secolo scorso. Ora la palla è passata di nuovo nelle mani dell’Italia. Sbagliare la partita non è consentito. E’ molto improbabile che il parlamento riesca ad approvare prima delle prossime politiche una riforma elettorale che aiuti la tenuta del Paese. Sul piano politico la confusione rimane altissima. Speriamo che la lezione francese possa contribuire a smuovere le acque e a rendere chiaro a tutti cosa ci stiamo realmente giocando.
