L’anomalia della politica italiana

Nel PCI ci insegnavano che per capire la sostanza delle vicende politiche itiane bisognava sempre partire da una analisi della situazione internazionale. Allora il Mondo era diviso in due blocchi politici e militari contrapposti. Ancora oggi per districarsi tra le varie fasi della storia politica dell’Italia del dopoguerra e poi degli anni Settanta e Ottanta non si può prescindere dalla evoluzione dei rapporti tra le due grandi superpotenze dell’epoca e dai loro interessi nelle aree strategiche del pianeta. Dalla alleanza antifascista alla Costituzione; dalla via italiana al socialismo alla centralità della DC; dal primo centrosinistra al compromesso storico proposto da Berlinguer dopo il golpe di Pinochet in Cile; dalla strategia della tensione alla rottura della politica di solidarietà nazionale; dal pentapartito a mani pulite: nulla è spiegabile rimanendo chiusi nell’orizzonte nazionale. Oggi la caduta del Muro di Berlino e le nuove tecnologie dell’informazione hanno reso il Mondo un “villaggio globale”. Eppure ci si ostina a voler uscire dalla crisi della politica italiana prescindendo dalle dinamiche politiche che attraversano l’Occidente e il Mondo intero. La Grande Recessione del 2008 2009 ha chiuso il ciclo neoliberista fondato sull’illusione che il primato del mercato – grazie anche alla sua estensione al mondo della produzione della moneta  – potesse governare l’economia internazionale, regolare le controversie geopolitiche e diffondere in ogni angolo del pianeta il sistema democratico occidentale. Il pensiero unico è stato spazzato via e pian piano, soprattutto dopo la pandemia, abbiamo assistito al ritorno del ruolo centrale dello Stato e della mano pubblica. L’alternanza tra forze di centrodestra e centrosinistra alla guida dei paesi occidentali ha ceduto il passo al conflitto tra nazionalismi da un lato e riconfigurazione della globalizzazione dall’altro, fondata sulla ricerca di un nuovo ordine internazionale che può passare attraverso la cooperazione tra grandi Stati di dimensione continentale. A partire dal 2016 la destra populista e nazionalista è riuscita a passare in due paesi fondamentali dell’Occidente: la Gran Bretagna prima e gli Stati Uniti poi fino al duello tra Trump e Biden. L’Europa ha retto – tranne per una breve fase l’Italia del governo 5 stelle lega – grazie ad una alleanza tra popolari, socialdemocratici, liberali e verdi. La tenuta dell’Europa ha determinato in Italia il ritorno di governi che hanno impedito la deriva nazionalista. Tuttavia la debolezza del secondo governo Conte – dovuta al peso numerico dei gruppi parlamentari 5 stelle ancora incerti sul profilo di governo da assumere – e l’anomalia di un centrodestra a trazione nazionalista, hanno prodotto il “commissariamento” della politica con la nascita del governo Draghi. In realtà il governo Draghi non è un governo tecnico ma una soluzione politica europeista che vede il sostegno contraddittorio al governo anche della lega, a sua volta divisa tra un anima nazionalista legata ai sovranisti europei ed un anima legata al mondo imprenditoriale del Nord, che sa bene come l’ancoraggio all’Europa sia vitale. Diciamola tutta senza ipocrisie: la maggioranza del governo Draghi è una maggioranza cosiddetta Ursula di fatto, che però si nasconde dietro la formula vaga dell’emergenza nazionale perché i partiti non vogliono abbandonare l’area di comfort costituita dal vecchio sistema di alleanze. Le elezioni sono però vicine, l’ambiguità regge sempre meno e il passaggio del Quirinale ha reso evidente l’anomalia del sistema politico italiano. Tuttavia i principali protagonisti non hanno intenzione di uscire dall’ambiguità e ripropongono pari pari il vecchio schema, le vecchie alleanze prive di credibilità. Non a caso pensano ad una riforma elettorale in senso proporzionale, che rinvierebbe lo scioglimento dei nodi politici a dopo le elezioni. Ma a parte la difficoltà ad approvare in questo parlamento una riforma elettorale in tempi così stretti i nodi sono ormai venuti al pettine e vanno sciolti con un dibattito politico chiaro e trasparente. Più tardi si comincia tanto peggio sarà per la credibilità della politica.

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