Quirinale: le partite non sono due ma tre

Ormai nessuno prova più a nascondere una verità chiara come l’acqua pura di sorgente: la partita dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica è indissolubilmente intrecciata con quella del governo. È evidente, infatti, che il governo va a casa e le elezioni anticipate diventano inevitabili se si  spacca su questo nodo la larga base parlamentare di un governo anomalo come quello presieduto da Mario Draghi. C è però ancora un non detto non meno importante. L’accordo congiunto su nuovo Presidente della Repubblica e governo di legislatura è praticabile solo se la maggioranza che determinerà entrambi saprà trovare una soluzione al terzo nodo della partita:un accordo sulla nuova legge elettorale che regolerà il voto politico del 2023. Se non si parla della terza partita del trittico indissolubile di questioni aperte è solo perché si tratta di quella più complicata, dal momento che sarà decisiva per l’assetto futuro del sistema politico italiano oggi in crisi profonda e generale. Una questione dunque delicata ed imbarazzante. Lo sa molto bene la Meloni che non a caso ha proposto la candidatura di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica. Lo ha fatto puntando sia sulla vanità di Berlusconi sia sulla impossibilità della parte di Forza Italia che guarda al proporzionale, per liberarsi dal legame con i sovranisti, di poter negare il sostegno al presidente fondatore e padrone del partito. Meloni non vuole una riforma elettorale proporzionale perché spazzerebbe via ogni speranza di alleanza elettorale di centrodestra a trazione nazionalista – già messa a rischio dalla nascita del governo Draghi – per le elezioni politiche dell’anno prossimo. Sa bene che quello è invece l’obiettivo di una parte larga di Forza Italia e di tutte le forze centriste. La proposta di Berlusconi presidente – che sapeva bene avrebbe fatto ridere le cancellerie di tutto il Mondo – mirava a rimettere insieme i cocci del centrodestra e a determinare la fine della legislatura per cancellare ogni possibilità di riforma elettorale e di formazione di alleanze elettorali o di governi europeisti per la prossima legislatura. Non mi soffermo sul perché che è scontato. Non a caso Salvini è stato in grande imbarazzo e ha provato ad uscirne rilanciando la sua iniziativa trasversale che lo ha spinto fino al dialogo con l’odiato Conte. Salvini infatti da un lato non vuole compromettere la possibilità di preservare l’alleanza di centrodestra per le prossime elezioni politiche, dall’altro non può far saltare il governo Draghi perché la lega rischierebbe di spaccarsi. Rimanendo nel governo può anche evitare che nasca fin da subito una maggioranza europeista che altrimenti potrebbe proporsi anche come alleanza politica nuova, in grado di superare le coalizioni tradizionali, entrambe in grande difficoltà sia pure per ragioni diverse. Il fallimento e la successiva rinuncia di Berlusconi scongiura questo rischio e fa saltare i nervi alla Meloni perché Berlusconi, per non uscirne male, l’ha motivata con la necessità, vitale per il Paese, di tenere in vita il governo Draghi fino al termine della legislatura. Tuttavia trovare una soluzione capace di preservare il governo e non compromettere fin d’ora le future alleanze elettorali non è facile. Perciò si pensava di congelare il tandem Mattarella Draghi fino alla fine della legislatura. Ora, con Mattarella che si è sottratto da questo gioco, non restano che due possibilità: trovare un altra personalità con le stesse caratteristiche di terzietà di Draghi e lasciare a lui la scelta di quale dei due ruoli occupare -in modo da non alterare il fragile equilibrio che ha garantito l’inedita maggioranza di governo e lasciare Fratelli d’Italia all’opposizione senza compromettere del tutto la prospettiva di una alleanza di centrodestra per le prossime elezioni; oppure prendere atto che serve una nuova maggioranza coerentemente europeista che sia in grado di eleggere il presidente della Repubblica, dare la fiducia ad un nuovo governo sostenuto da una nuova maggioranza politica che approvi una nuova legge elettorale, vinca le elezioni politiche del 2023 e garantisca il governo anche nella prossima legislatura. Nessuna di queste due strade è facile da percorrere. Ma certamente un accordo su nuovo presidente della Repubblica e governo di legislatura che prescinda dal nodo delle imminenti elezioni del 2023 mi pare davvero impossibile.

Lascia un commento