Il mio contributo al Convegno di “Noi per Capua” sulle prospettive di sviluppo della città

Innanzitutto grazie ad Angelo Salamone e all’Associazione “Noi Capua” per questa iniziativa e più in generale per il ruolo di cittadinanza attiva che state esercitando da mesi, in una fase purtroppo caratterizzata da una totale assenza di vita vera dei partiti, di mancanza di rapporti tra partiti – che hanno il compito di promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica – e società civile. Il tema di oggi è di grande interesse perché discutere di “aspetti di urbanistica e di evoluzione prevedibile del territorio della città di Capua” vuol dire confrontarsi su ciò che è necessario fare oggi avendo però ben chiara una idea di futuro della città. Non una idea astratta di città ideale, o se volete utopica. Un progetto consapevole di città possibile in un arco temporale ben definito (di portata almeno decennale) per essere credibile deve basarsi su una analisi condivisa delle condizioni di partenza e quindi su una comune e documentata valutazione dello stato della macchina amministrativa, della situazione finanziaria del Comune, dei vincoli e delle opportunità derivanti dall’attuale quadro normativo regionale, nazionale ed europeo, oltre che dello stato dell’economia cittadina, in rapporto alle tendenze di sviluppo in atto in un contesto territoriale più ampio (ragionare delle prospettive di Capua non ha senso al di fuori delle trasformazioni e delle prospettive che riguardano l’intera pianura Campana – Capua e la pianura Campana un nesso inscindibile). Sarebbe lungo ora avventurarci in una esposizione di questa portata. Proverò pertanto a ragionare sui principali punti di forza della città e sulle contraddizioni, gli ostacoli da rimuovere per riuscire a sfruttare pienamente queste potenzialità di cui pure Capua dispone. Schematizzo al massimo – e me ne scuso – per comodità di narrazione e per intenderci meglio. Racchiudo, pertanto, in due temi i punti di forza su cui possiamo far leva:

  • Una opportunità di sito (in rapporto a ciò che rappresenta la pianura campana oggi – ricordate la inscindibilità di questo rapporto tra la nostra città e l’intera pianura campana) … opportunità che in ogni fase storica ha rappresentato per Capua occasione di sviluppo economico e di affermazione di un ruolo, di una funzione su vasta scala:
  • Un patrimonio architettonico e culturale di prima grandezza, che proprio il primo punto di forza (l’opportunità di sito) ha consentito  alla città di accumulare nel corso dei secoli. Un patrimonio, dunque, storico ed ambientale.

1 – Cominciamo dall’OPPORTUNITA’ DI SITO. L’opportunità di sito nasce dal fatto che questa città è al centro di una delle poche pianure del Mezzogiorno, che è anche un confine naturale con il Centro Nord. Essa si colloca in un punto nel quale il piano campano è attraversato da uno dei più grandi fiumi d’Italia. Questa straordinaria collocazione geografica e le caratteristiche naturali del sito hanno fatto di Capua – in epoca Longobarda – la città dei Monasteri e della Nobiltà, i due poteri che gestivano il latifondo in tutta la pianura Campana (la più fertile e più ricca del Mezzogiorno) ed erano, dunque, il pilastro dell’economia medievale. L’opportunità di sito rese la nuova Capua il centro di direzione dello sviluppo della pianura e di accumulazione delle ricchezze da essa prodotte, dal periodo Longobardo a tutte le successive dominazioni, Normanna, Sveva, e fino alla fase Angioina e poi Aragonese. Con il vice Regno spagnolo (per ragioni che ora non è il caso di richiamare) Capua cessa di essere città multifunzioni  e diventa punto di passaggio obbligato per chi da Nord voleva raggiungere il Regno e poi fortezza, antemurale della capitale Napoli. Rimane tale con Francesi, Austriaci e Borboni fino all’Unità d’Italia, quando il quadro cambia radicalmente per ovvie ragioni. Inizia con l’Unità d’Italia un processo di inesorabile decadenza perché, perdute le vecchie funzioni, il suo grande patrimonio architettonico rimane privo di ruolo in rapporto alla pianura, sempre più attratta da Napoli che proprio in epoca borbonico aveva tentato di ampliarsi guardando alla pianura e costruendo una nuova Reggia a Caserta. Un processo di decadenza, che nessuna iniziativa successiva all’Unità, dalla Normale femminile in poi, riesce a fermare. Al massimo ne attenua la velocità. Questo fino al terremoto dell’Ottanta che ha esercitato una funzione di accelerazione dei processi economici ed urbanistici che, soprattutto dal dopoguerra in poi, investono la pianura campana, prima indotti dalla riforma agraria, poi dall’industrializzazione per poli ed assi, incentivata nelle aree in ritardo di sviluppo dalla nascente Comunità Europea, infine dalla deindustrializzazione e dal conseguente sviluppo dei servizi e delle infrastrutture quali elementi fondamentali per lo sviluppo dell’economia moderna. Sono grandi trasformazioni che impongono un processo di razionalizzazione e di riorganizzazione dell’Area Metropolitana che nel frattempo è cresciuta e da Napoletana è divenuta regionale, Campana, estendendosi, ormai senza soluzione di continuità, da Napoli a Salerno passando per Capua, Santa Maria, Aversa, Nola e il Baianese. Ed ecco che di nuovo questo rinnovato rapporto tra Capua e la pianura Campana ripropone una nuova opportunità di sito per la città: essa diventa la città media più a Nord dell’Area Metropolitana Regionale, il territorio di collegamento con quel che resta di incontaminato dell’antica Campania Felix, le aree del Medio Volturno e dell’Interno, da Monte Santa Croce, a Monte Maggiore al Matese, e il Basso Lazio. Di qui la localizzazione nel nostro territorio di funzioni metropolitane di eccellenza: l’Università, il Cira e la Tecnam, la più grande scuola militare d’Italia e la prima Divisione Militare del Mezzogiorno. Sorprende la sottovalutazione che la città ha dimostrato nel corso degli ultimi decenni nei confronti di queste realtà che sono quelle intorno alle quali va ricostruito il ruolo e lo sviluppo di Capua. Ciò ci indica già una prima contraddizione, il primo limite che frena questo punto di forza: un limite interno, la resistenza al cambiamento, all’innovazione, la scarsa cultura imprenditoriale che riguarda noi, la realtà sociale di Capua. A questo poi si aggiunge un limite esterno. Se Capua e l’area casertana diventano parte dell’area metropolitana e ne assumono alcune funzioni di eccellenza è chiaro che tutto il tema dei collegamenti e della mobilità diventa centrale per lo sviluppo. Ma chi spinge per affermare la programmazione di area vasta: ruolo del metrò nord est nella metropolitana regionale, prolungamento della tangenziale di Napoli fino ai caselli di Capua e Santa Maria, logistica per le merci, collegamento porti interporti, sistema aeroportuale regionale, Sanità, internazionalizzazione del sistema formativo ecc… Qui scontiamo l’arretratezza del sistema istituzionale, il divario tra la dimensione dei comuni e delle province e quella dei processi economici che queste istituzioni devono governare. Un’unica area metropolitana divisa in tre province che, tra l’altro, sono state trasformate in consorzi di comuni privi della forza che viene agli esecutivi dal consenso e dalla legittimazione popolare. Sia Luca, sia io abbiamo visto quanto pesa questa frammentazione. Riusciamo a lavorare bene d’intesa con Santa Maria ma manca il peso di una iniziativa comune di città e paesi ciascuno chiuso dentro l’impegno per i propri problemi spiccioli e particolari. Il lavoro che stiamo facendo: NUOVA STAZIONE E NUOVO PIAZZALE; AEROPORTO SALOMONE; Rafforzamento della presenza dell’UNIVERSITA’; PIP area CIRA;  Riqualificazione Periferia (ultimazione contratto di quartiere Carlo Santagata e investimento pilota quartiere ACER via Martiri di Nassirya; Nuovo Ospedale CAPUA ANTICA E NUOVA a Sant’Angelo In Formis; riorganizzazione sanità del territorio con CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE E OSPEDALE DI COMUNITA E CENTRO DIAGNOSTICO nell’ex PALASCIANO; riqualificazione e razionalizzazione rete scolastica ecc…

2- altro punto di forza lo straordinario patrimonio immobiliare e culturale del CENTRO STORICO, Vediamo la pianta del centro storico, il peso e la distribuzione delle proprietà demaniali. L’80 per cento del nostro patrimonio immobiliare costituito da ex architettura religiosa e militare in gran parte in disuso perché da oltre un secolo priva di ruolo e funzione. Se non si riusa questo patrimonio (ed è possibile solo in una dimensione di aerea vasta ripensando a quel rapporto tra Capua e la pianura campana) è evidente che il mercato immobiliare privato rimarrà asfittico e il centro storico continuerà a svuotarsi. Inoltre un patrimonio così rilevante che non produce entrate per il comune rappresenta un forte condizionamento negativo per le casse dell’Ente che sono alimentate all’80 per cento da entrate locali. Di qui la scelta del Verbale di Tavolo Tecnico Operativo con tutti i proprietari del Demanio: Comune, Agenzia del Demanio dello Stato, Demanio della Regione Campania. Poi ci sono le altre opportunità che stiamo indirizzando in questa direzione: Fondi PNRR: palazzo ex Udienza, ex Monte dei Pegni e casa Martucci, martiri di Nassirya (Scuola Elementare ed Asilo Nido); ex Liceo di Via Roma); messa a bando di valorizzazione di tutto il patrimonio guardando al mercato e dunque a società pubbliche e private in grado di sostenere i costi di restauro e di gestione di attività di carattere culturale, ricreativo, turistico che riportino nel circuito economico bastioni, fossati, ex tettorie militari, castelli e ex complessi conventuali ed ex caserme, Chiese (Ex Sperone, ex Polveriera austriaca e bastione Gran Maestrato, San Gabriello, Santa Maria delle Dame Monache, Cittadella sportiva, ex Liceo di Via Roma; ex capannone TPN, ecc….). E’ una sfida difficile per la complessità delle procedure e il peso della burocrazia, che caratterizzano gli interventi su patrimonio demaniale e beni storici e culturali, per i costi dei restauri e le capacità imprenditoriali richiesti per la gestione di attività coerenti con i luoghi. Ma non esistono scorciatoie. La decadenza del nostro centro storico, come abbiamo visto, ha cause storiche profonde. Dall’unità d’Italia in poi tutte le classi dirigenti hanno fatto i conti con la sfida di provare a restituire un nuovo ruolo alla città in un contesto che ha subito grandi trasformazioni. Ma fino ad ora anche i tentativi più generosi e consapevoli sono riusciti solo a rallentare un processo di decadenza che ha ragioni profonde ed oggettive. Possiamo riprovarci solo sapendo che la partita non si vince senza guardare al rapporto della città con un territorio molto vasto: quello della pianura Campana e dell’area metropolitana regionale.  Solo il tempo dirà se è possibile invertire questa tendenza storica. Fondamentale non è solo la qualità del progetto e dell’azione di governo degli amministratori ma anche il grado di consapevolezza e di partecipazione delle forze sociali della città. Una sfida di questa portata si può vincere solo insieme.

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