
Camera di Commercio, febbraio 1984: il deputato Manfredi
Bosco, figlio di Giacinto, il regista dell’intervento straordinario
in Terra di Lavoro, si rivolge a Giuseppe Venditto, segretario
della federazione comunista di Caserta. Bosco concorda con
l’analisi sulle insufficienze del sistema politico-istituzionale e
incalza: «Non eludere l’essenza del problema siamo di fronte ad
un deterioramento della politica si affermano frazionismo e
disgregazione tante amministrazioni comunali non obbediscono
più a logiche politiche ma a logiche di potere familiari e
privatistiche».
L’INTERESSE GENERALE
Dopo la stagione dei grandi progetti, stava scomparendo
dall’orizzonte l’interesse generale, un modello che si ripeterà
ciclicamente – con modalità diverse – e che pende come una
spada di Damocle anche sul presente. L’ultimo libro di Adolfo
Villani, «Dal terremoto del 1980 al Recovery Plan, Napoli e
Caserta dal conflitto alla reciprocità», che sarà presentato
martedì 10 maggio al Teatro Ricciardi di Capua, è un viaggio
lungo quarant’anni durante i quali l’area vasta che congiunge il
capoluogo di Terra di Lavoro e la capitale del Mezzogiorno
sembra sempre in bilico tra esiti opposti. Il sisma del 1980,
spiega Villani, disvela i cambiamenti intervenuti e accelera quei
processi sociali e istituzionali fino ad allora in embrione. Pone
in maniera stringente il rapporto tra Napoli e Caserta ma nello
stesso tempo favorisce un micidiale connubio tra politica, affari
e criminalità.
Nel periodo immediatamente successivo, viene alla ribalta lo
«sviluppo integrato» quale antidoto alla crisi dell’apparato
industriale: si discute di area metropolitana, di organizzazione
territoriale policentrica, di servizi avanzati di informatica e
telematica da condividere (relazione di Salvatore Vinci alla
Camera di Commercio, 1984), della ridistribuzione dei pesi
demografici per decongestionare l’area costiera e superare le
diseconomie (Studio della Provincia commissionato a Beguinot,
1985). Sembra maturare una svolta.
Nel 1986 nasce la società consortile Cira spa; nel 1989 si
formalizza il piano per la seconda università di Napoli; nel 1993
viene definita nel piano regionale dei trasporti l’ipotesi del
nuovo aeroporto civile di Grazzanise. Poi però arriva il
fallimento della riforma delle autonomie locali del 1990. Il
dibattito sulla nascente area metropolitana stretta o larga si
conclude con la vittoria dello
status quo; la spinta verso l’Unione dei Comuni promossa nel
dopo-tangentopoli man mano si arena.
LA TENSIONE
Nel 1994 la riunione a Caserta dei sindaci dell’area vota
l’accelerazione della variante Anas, la linea metropolitana
leggera, il potenziamento dell’Alifana, l’apertura del casello
autostradale di Santa Maria Capua Vetere. Pochi i risultati
concreti. Le ritrosie di Falco, sindaco del capoluogo, e il
progetto di delocalizzare a Caserta i depositi della 08
riacutizzeranno la tensione con Napoli. Nel 1998 si avrà un
nuovo tentativo di rilanciare il tema della «città continua» grazie
all’iniziativa del convegno alla Reggia voluto dal professore
Arturo Rigillo, benedetto dal presidente del consiglio Romano
Prodi. I Ds convocano i sindaci di centrosinistra e provano ad
abbozzare uno statuto ma tutto si blocca per l’ostilità di Caserta.
In compenso i programmi di riqualificazione urbana (Prusst)
vedono la convergenza anche di Falco e un piano che va dal
disinquinamento del Volturno al parcheggio interrato di piazza
Carlo III. All’inizio del nuovo millennio si risvegliano dal
letargo i progetti di vasta area grazie a Bassolino, eletto alla
guida della Regione Campania. Si riattiva la programmazione:
mobilità, ricerca e università, sanità, aree Pip e consorzi Asi,
accordi di programma (per Caserta furono undici), aree protette
e molti altri campi ricevono una spinta. Ad affossare il trend ci
pensò la crisi dei rifiuti, figlia di una vecchia politica e dello
spadroneggiare di ras locali che impedirono quasi ovunque
‘insediamento degli impianti, complice una arrembante
criminalità organizzata.
LA PARABOLA
In quegli stessi anni alla Provincia di Caserta si consumava la
parabola di De Franciscis. Grazie alla sinergia con la Regione
furono approvati il piano di bacino del trasporto pubblico e le
linee guida del Piano Territoriale di Coordinamento affidato
all’urbanista Vezio De Lucia. La crisi economica del 2008 era
però alle porte, e le contraddizioni interne della governance di
De Franciscis, ormai lanciato in una solitaria quanto illusoria
scalata ai vertici della politica nazionale, fecero il resto. A
dicembre 2007 De Franciscis «licenzia» Villani, numero due
della giunta, un anno e mezzo dopo è costretto a dare le
dimissioni.
Ora la partita si riapre con il Recovery Plan, incredibile
occasione per riparare i danni dell’epidemia, affrontare le
debolezze del sistema mediante riforme strutturali e puntare con
decisione sulla transizione ecologica. Per questo territorio è
anche ora di passare definitivamente dal conflitto con Napoli
alla reciprocità e all’integrazione.