Alleanza con Draghi premier oltre il 2023 e nuovo centrosinistra fondato sulla qualità più che sulla larghezza del suo campo

La riconferma di Mattarella ha accelerato il processo già in atto da tempo di disfacimento delle vecchie coalizioni e di riconfigurazione del quadro politico italiano. Come avviene con l’energia liberata dai terremoti anche le tensioni accumulate durante le trattative per il Quirinale si propagano come onde che travolgono i tradizionali schieramenti politici. Se la legislatura riuscirà a reggere l’urto e ad arrivare alla scadenza naturale sarà solo grazie alla paura che tiene incollati alle loro poltrone gran parte dei parlamentari, consapevoli della difficoltà a rimettere piede nel futuro parlamento, rimpicciolito dal drastico taglio del numero di parlamentari. L’epicentro del nuovo terremoto politico è nell’area dell’antipolitica che ha unito per una breve fase i due partiti che erano usciti vittoriosi dalle elezioni politiche del 2018: la lega e i 5 stelle. La prima è in caduta libera progressiva da quando la tenuta dell’Europa ha prima bloccato e poi respinto l’ondata nazionalista nata dalla grande recessione del 2008 2009. Ora è al culmine della crisi a causa dell’ambiguità del suo profilo politico che l’ha tenuta con un piede dentro e l’altro fuori del perimetro della maggioranza di governo. I cinque stelle, invece, hanno evitato di rimanere stritolati dall’iniziale abbraccio con la lega. Hanno prima pagato un prezzo al cambio di identità politica, prodotto dal passaggio dalla fase della protesta fine a se stessa a quella del governo, ed ora rischiano una scissione di quel che resta della loro forza elettorale, già fortemente ridimensionata. La scontro tra Conte e Di Maio non ha, tra l’altro, nulla di politico ma riguarda solo la prospettiva personale dei leaders e dei singoli parlamentari, sempre più allarmati e disorientati man mano che si avvicina la scadenza elettorale. Il potere come unica prospettiva acuisce la distanza con un elettorato che li aveva sostenuti sperando in una forza portatrice di un cambiamento reale. Lo sfarinamento degli ex vincitori, a loro volta vinti dal divario che separa i desideri dalla dura realtà, si ripercuotono sulle coalizioni tradizionali che –  dopo le difficoltà incontrate nel rispondere alle nuove esigenze di una società colpita dalla crisi sistemica ormai più che decennale – provavano a rigenerarsi intruppando e riportando alla ragionevolezza i reduci della disfatta populista. Non hanno però considerato che se il populismo ha conosciuto una battuta di arresto di certo non è del tutto scongiurato, ma anzi mantiene un certo grado di pericolosità che può essere definitivamente superata solo se si riesce a delineare un nuovo e credibile orizzonte politico. Ora il centrodestra non esiste più per ammissione dei suoi stessi ex componenti. È diventato impossibile continuare a tenere insieme il populismo nazionalista di Fratelli d’Italia e di Salvini con l’area moderata ed europeista del centrodestra. Il PD, dal canto suo, non può più pensare di rispondere alla sua crisi politica attraverso l’asse strategico con i 5 stelle, che già creava problemi con gli interlocutori dell’area più moderata del campo progressista e ora mostra tutti i suoi limiti. Le coalizioni vanno ripensate e ricostruite e per farlo ci vuole il tempo necessario per restituire ai partiti capacità di analisi della realtà, di radicamento sociale, di elaborazione di un nuovo pensiero all’altezza delle sfide del tempo nuovo. Nel frattempo bisogna tenere in vita il governo fino alla fine della legislatura ed anche oltre, per evitare che l’Italia sia travolta dalla tempesta senza precedenti che stiamo attraversando. Perché se il peggio della pandemia è alle nostre spalle c’è ancora tanta strada da fare per tornare alla normalità, mentre sul piano dell’economia si affacciano nuove difficoltà legate ai costi della transizione energetica e degli effetti dei cambiamenti climatici già intervenuti. Come è possibile tenere insieme i due obiettivi? La scorciatoia della legge elettorale non è semplice da praticare in questo parlamento e nei tempi stretti a disposizione. La storia come sempre ci viene incontro e aiuta a individuare la via maestra. La crisi sistemica che stiamo vivendo ormai da più di un decennio è come una guerra e per uscirne non basta ripensare se stessi ma bisogna contemporaneamente ricostruire una casa comune che nel nostro caso si chiama Europa. L’unica casa comune in grado di darci un tetto sufficientemente grande e forte per proteggerci dai grandi rischi del nostro tempo e dare un senso al successivo confronto tra idee diverse su come è meglio sistemare le stanze ed organizzare l’arredamento. Dalla Seconda Guerra Mondiale uscimmo attraverso tre tappe: la prima fu quella dell’alleanza antifascista che univa un vasto fronte, dal Re ai comunisti, necessario per cacciare i nazisti dal Paese. La seconda quella dell’alleanza repubblicana, che servì a definire le basi della nostra democrazia e approvare la nostra avanzatissima Costituzione. La terza quella di un sistema politico fondato su due forze alternative, la DC e il PCI, che tuttavia non rinunciarono a trovare momenti di collaborazione per difendere la democrazia dall’attacco del terrorismo politico e mafioso. Ora serve una strategia altrettanto articolata e graduale. Serve innanzitutto una alleanza europeista che tenga l’Italia dentro il cammino intrapreso verso un nuovo vero Stato continentale, capace di fare dell’Europa una grande potenza politica globale. È la prospettiva definita da Mattarella quando affidò a Mario Draghi il compito di guidare un governo di unità nazionale capace di attuare il Recovery Plan e di portare l’Italia fuori dalla pandemia e dalla emergenza economica e sociale. È la prospettiva che ora deve reggere su una alleanza di governo europeista, sempre più coesa e coerente, con Draghi premier anche dopo il voto del 2023. Dentro questa alleanza bisogna ricostruire i nuovi pilastri del futuro sistema politico che oggi devono collaborare per battere definitivamente il pericolo populista e nazionalista e costruire la casa comune, per poi tornare un domani a competere in una democrazia rinnovata e forte, fondata sulla alternanza al governo tra forze diverse e su regole scritte di comune accordo. Quali forze possono farsi carico di questa prospettiva? In primo luogo spetta al PD, che oggi è il partito più coerente sul piano della scelta europea, offrire una base politica forte all’alleanza europeista con Draghi premier, oggi unica garanzia possibile per autorevolezza interna e credibilità internazionale. Un compito tanto più realizzabile quanto più ancorato alla contemporanea costruzione di un nuovo centrosinistra che sia più attento alla qualità politica che non all’ampiezza del suo campo. Qualità ovviamente di progetto e di respiro programmatico e quindi dell’amalgama in grado di garantirne adeguata coesione e credibilità. È tempo che si cominci a parlarne apertamente, senza timidezze e paure, coinvolgendo le competenze e le forze sociali che sono indispensabili alla rigenerazione della politica.

Lascia un commento