Perché mercoledì ci giochiamo tutto

È in gioco la tenuta dell’Italia nel pieno di una emergenza sanitaria ed economico – sociale di proporzioni inaudite. Mercoledì prossimo, infatti, il parlamento discuterà gli indirizzi per l’impiego dei 209 miliardi del Recovery Fund e la riforma del patto di stabilità Europeo (MES). Un folto gruppo di parlamentari 5 stelle – che, non dimentichiamolo, rappresentano la prima forza parlamentare della maggioranza di governo – non intende votare la riforma del MES. È evidente che un governo impossibilitato a garantire l’ancoraggio dell’Italia all’Europa – unico argine per impedire la deriva del nostro debito pubblico in una situazione di allarme rosso come quella che attraversiamo – non avrebbe scelta diversa dalle dimissioni. A tutti dovrebbero esser note le ragioni della debolezza strutturale dell’attuale maggioranza di governo ma anche l’assenza di una alternativa. Le due principali forze politiche che sostengono questo governo si trovano in una fase di grande fragilità. Il PD è il partito duramente sconfitto e ridimensionato nelle elezioni politiche del 2018 – a causa del fallimento del progetto di produrre quella sintesi tra le diverse forze che ne aveva motivato la nascita. Oggi c è un nuovo gruppo dirigente che lo ha in parte risollevato ma – anche a causa delle continue emergenze di vario tipo che sono seguite alla elezione del nuovo segretario- non ha ancora realizzato quella svolta sul piano programmatico ed organizzativo necessaria per ricostruire un rapporto solido con il suo insediamento sociale e svolgere la sua funzione di architrave dell’alleanza progressista del Paese. I cinque stelle, al contrario, le elezioni le avevano stravinte sulla base di un politica demagogica che in poco tempo ha dimostrato la sua vacuità. Caduto il primo governo delle legislatura – fondato sull’incontro tra due diversi populismi impossibilitati a garantire un governo accettabile – PD e 5 stelle si sono ritrovati e alleati non solo per prendere tempo e salvare se stessi ma anche per tenere l’Italia dentro l’Europa, che già allora si era rivelata come l’unica via per evitare la debacle di un Paese ormai allo stremo delle forze, in un mondo cambiato radicalmente e nel quale bisogna affrontare sfide gigantesche che non sono neppure alla portata di nazioni ben più solide ed attrezzate della nostra. Altre maggioranze in condizioni di dialogare con l’Europa non c’erano e non ci sono. La pandemia ha poi reso manifesti i rischi terribili cui sarebbe andata incontro l’Italia se non fosse nato l’unico governo accettabile nel parlamento più populista che sia mai stato eletto nella storia della Repubblica. Insomma il governo giallorosso può piacere o non piacere ma è incontestabile che, nella situazione data, rappresenta il minimo sindacale per evitare la deriva definitiva dell’Italia. Tra l’altro pensare di risolvere il problema con nuove elezioni sarebbe non solo una follia – dal momento che siamo ancora nel mezzo di una emergenza così acuta – ma anche una inutile perdita di tempo. La crisi politica è, infatti, generale. Come ha detto di recente il ministro Speranza l’offerta politica di cui dispone l’Italia è del tutto inadeguata. Bisogna ricostruirla ma ci vuole tempo. Ecco perché mercoledì ci giochiamo tutto. Rinunciare al minimo sindacale mentre è vitale affrontare il disastro economico e sociale prodotto dalla più lunga e grave crisi sistemica che il mondo abbia conosciuto dai tempi della seconda guerra mondiale sarebbe davvero imperdonabile.

2 commenti

  1. Concordo con la tua puntuale analisi ma sono molto più critico nei confronti della classe dirigente PD che, a mio avviso, ha perso consapevolezza storica e si è smarrita nella disperata ricerca di posizioni tattiche senza la guida di una reale strategia politica.
    Percepisco, e credo di non essere il solo ad avere questa sensazione, l’assenza nel confronto politico di un partito realmente strutturato

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    • Capisco e aggiungo che anche io sono deluso per i ritardi del gruppo dirigente nell’ attuare le promesse di cambiamento delle ultime primarie ma tuttavia ricostruire una alleanza progressista credibile è impossibile prescindendo da ciò che il PD rappresenta

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